Torniamo a leggere per non morire dentro

Scritto il 20/10/2025
da Vittorio Feltri

Caro Vittorio,
«il verbo leggere non sopporta l' imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi, come amare o sognare». Queste parole di Pennac sembrano perfette per complimentarmi per la scelta di pubblicare un libro sulla lettura. Da una recente indagine è emerso che la grande maggioranza degli italiani non legge perché considera la lettura una perdita di tempo. Fino ad un secolo fa c'era moltissima gente che leggeva perché aveva molto tempo a disposizione e non aveva nulla o poco da fare: le signore ricche, i nobili, i religiosi. In mancanza di cinema e tv, ci si occupava dei fatti altrui tramite i romanzi, sorta di pettegolezzo sublimato. Con l'aumentata scolarizzazione, si legge più di un tempo: manuali d'istruzione, elenchi telefonici, pieghevoli, pannelli e cartelloni pubblicitari, molti leggono quotidiani e riviste, oppure leggono la mano o nel pensiero: ma pochi sono quelli che leggono libri. Quanto al tempo considerato perso leggendo, credo che andrebbe vissuto. Flaubert scriveva: «Non leggete per divertirvi, come fanno i bambini, o per istruirvi, come gli ambiziosi. No: leggete per vivere».

Mauro Luglio
Monfalcone

Caro Mauro,
ti ringrazio per la tua lettera, colta e profonda, che parte da una frase celebre di Daniel Pennac per arrivare al nodo vero della questione: l'Italia non legge. E non perché non sappia leggere, ma perché ha smesso di considerare la lettura una necessità, una forma di vita, di salvezza, di emancipazione. Nel mio ultimo libro, Chi non legge è perduto, ho cercato di lanciare un grido d'allarme, o meglio, un grido d'amore: un invito alla riscoperta della lettura non come dovere, ma come diritto, non come lusso, ma come nutrimento. Oggi si fa un gran parlare di sostenibilità ambientale, di salute mentale, di benessere personale. Ebbene, leggere è tutto questo. La lettura allarga gli orizzonti, affina il pensiero, rende liberi.

Tu citi un'indagine recente: è vero, la maggioranza degli italiani considera la lettura una perdita di tempo. È una delle tragedie silenziose del nostro tempo. Perché se è vero che molti oggi «leggono» etichette, schermi, cartelloni, social e notifiche, è altrettanto vero che pochissimi leggono davvero: ovvero si mettono in ascolto profondo di una voce scritta, si immergono in un mondo diverso, si lasciano trasformare da ciò che leggono.

Leggere non è un passatempo. È un atto sovversivo, nel senso più alto e nobile del termine. Sovverte l'ignoranza, l'arroganza, la superficialità. Chi legge bene, pensa bene. Chi pensa bene, vive meglio.

E voglio andare oltre la poesia. Numerose ricerche scientifiche dimostrano che la lettura regolare, specie di narrativa, migliora le capacità empatiche, l'intelligenza emotiva, la memoria, la capacità di concentrazione, e aumenta persino la longevità.

Un gruppo di ricercatori dell'Università di Yale ha dimostrato che leggere almeno 30 minuti al giorno allunga la vita in media di due anni. Altro che perdere tempo. Chi non legge è perduto. E vita perde. Ma non è solo questione di cervello. È questione di anima, di dignità, di resistenza umana. In un mondo che ci bombarda di stimoli, di immagini, di urla e isterie, leggere è diventato un atto contemplativo, un esercizio di attenzione. E attenzione è amore. Chi legge, ama. Ama le parole, ama il silenzio, ama la complessità, ama sé stesso.

Tu dici bene: fino a un secolo fa leggeva chi aveva tempo. Oggi è il contrario: chi si prende del tempo legge, e chi legge si prende cura di sé. Non ci sono più scuse. Abbiamo mille opportunità, libri digitali, audiolibri, biblioteche pubbliche. Se non leggiamo, è perché abbiamo smesso di desiderare qualcosa che non sia consumo immediato. In fondo, leggere è l'ultimo gesto gratuito che ci è concesso. Non si legge per guadagnare, non si legge per apparire, non si legge per piacere a qualcuno. Si legge per diventare qualcuno. Per diventare migliori. Come scriveva Flaubert, da te giustamente citato: «Non leggete per divertirvi, come fanno i bambini, o per istruirvi, come gli ambiziosi. No: leggete per vivere».

Ecco, io questo vorrei dire, anche a chi da anni mi segue: torniamo a leggere per vivere. Torniamo a leggere per non morire dentro, per non appiattirci, per non diventare spettatori della nostra decadenza. Non abbiamo più bisogno di slogan, ma di pensiero. Non abbiamo bisogno di influencer, ma di autori. Non abbiamo bisogno di like, ma di idee.

Il mio invito, nel libro e fuori dal libro, è semplice: nonostante tutto, leggere. Nonostante lo smartphone, nonostante la stanchezza, nonostante l'ignoranza dilagante, nonostante il disincanto, leggere.

Anche cinque pagine al giorno. Ma con rispetto. Con fame. Con amore.

Ti ringrazio ancora per la sua bellissima lettera, Mauro.

Mi auguro che le tue parole, come le mie, siano un piccolo seme. E che qualcuno, leggendo, si scopra finalmente vivo.