Il senso comune e alcuni retaggi portano a pensare che taluni eventi medici, come la rottura di un femore in età avanzata, aumenti moltissimo il rischio di morte e che la possibilità di ripresa sia quasi nulla. Ma ora uno studio dice che in questo luogo comune c’è qualcosa di vero: esisterebbe infatti un punto di rottura sull’invecchiamento, una forbice d’età in cui verrebbe meno quell’equilibrio esistente nell’organismo tra danno o malattia e riparazione.
A quale età c’è il punto di rottura sull’invecchiamento
“Abbiamo scoperto che le dinamiche naturali dell’invecchiamento non sono banali e includono un punto di svolta intorno ai 75 anni, in cui robustezza e resilienza diventano insufficienti e dopo il quale gli individui tendono a peggiorare la loro salute nel tempo, segnando la fine di un periodo giovanile robusto e resiliente”, ha commentato a ScienceAlert Glen Pridham, autore di uno studio in merito.
In altre parole, intorno ai 75 anni il corpo umano difficilmente riesce a riprendersi da infortuni o malattie, e quindi si assiste a un calo di resilienza che è connesso all’aumento del rischio di morte. Le premesse della ricerca erano già note: la curva dell’invecchiamento non è costante o fluida: ci sono delle accelerazioni, di solito intorno ai 44 e ai 60 anni. L’invecchiamento dei singoli organi invece subisce un’accelerata intorno ai 50 anni.
Lo studio sull’invecchiamento e la metodologia
La ricerca è stata approntata da un team della Dalhousie University in Canada, composto dai Glen Pridham, Kenneth Rockwood e Andrew D. Rutenberg, che hanno realizzato il paper dal titolo Dynamical modelling of the frailty index indicates that health reaches a tipping point near age 75.
Il punto di partenza dello studio è che con l’avanzare dell’età, i medici stimano nel singolo paziente un indice di fragilità, basato sul deficit di salute. Questo deficit di salute è stato individuato dai ricercatori in oltre 30 attributi tra cui malattie croniche, difficoltà nello svolgimento dei compiti e condizioni cardiovascolari. Poi si sono assunti i dati raccolti dall’University of Michigan Health and Retirement Study e dall’English Study of Ageing e si tratta di dati relativi a 12920 pazienti, con un’età media di 67 anni, che si sono recati in strutture mediche 54261 volte in totale.
Da qui è stato creato un modello matematico, che indica il punto di rottura tra danno e riparazione nell’organismo in un intervallo di età tra 73 e 76 anni, sia per gli uomini che per le donne. “Oltre questo punto di svolta, la continua perdita sia di robustezza che di resilienza porta a un forte aumento dell’indice di fragilità e a un corrispondente aumento del rischio di mortalità - si legge nello studio - […] Ne deduciamo che la robustezza e la resilienza attenuano gli stress ambientali solo fino all’età di 75 anni, oltre la quale i deficit di salute si accumuleranno sempre più, portando alla morte. Superare il punto di non ritorno aumenta drasticamente il rischio e l'accumulo di deficit di salute se non si riducono i fattori di stress”.
Possibili conseguenze
Nell’immediato emerge un dato: lo stress è un fattore importante e quindi la gestione dello stress si rivela chiave nel rallentare l’invecchiamento. Questo studio però potrebbe avere numerose ricadute positive nel pianificare le esigenze in termini di assistenza sanitaria e ridare centralità alla prevenzione. E per gli scienziati mostra come matematica e biologia possano lavorare insieme per prevedere l’evoluzione a lungo termine dei fenomeni connessi con la salute.

