Al terzo posto del podio dei peggiori, questa settimana, abbiamo la censura rossa, quella che alle fiere del libro possono esserci solo editori e scrittori che la pensano come loro. Zerocalcare ha deciso di non partecipare a "Più Libri Più Liberi" in segno di protesta contro la presenza di Passaggio al Bosco, casa editrice rea di pubblicare testi che il vignettista bolla "nazisti". La fila dei censori, però, è molto lunga. Almeno 80 gli autori e gli editori, tra cui i soliti Antonio Scurati, Christian Raimo, Tomaso Montanari, che ne hanno chiesto l'espulsione agli organizzatori. Si dicono tutti pluralisti, ci fanno spesso la predica sulla libertà di pensiero e di espressione e vanno in giro a dire che per colpa della destra si rischia la dittatura ma poi sono loro a non essere pluralisti, a restringere la libertà di espressione e soprattutto a trasformare la nostra società in un regime. Quanto pubblicato da una casa editrice, ovviamente sempre nel rispetto della legge, non può essere messo in discussione. E invece questi soloni vogliono decidere chi ha diritto di parola e chi no. E così si trasformano nel tribunale del popolo.
Al secondo posto abbiamo i seminatori d'odio, quelli che infiammano le piazze. Le parole hanno un peso e molto spesso scatenano azioni che possono essere anche peggiori. Per questo a sinistra dovrebbero darsi una calmata. A partire da Greta Thunberg che in piazza ha attaccato il governo definendolo "fottuto fascista". Ma c'è chi ha fatto anche di peggio. È il caso di Franco Grondona, storico esponente della Fiom che, in occasione dello sciopero generale dei metalmeccanici genovesi, ha svelato il piano per alzare il livello dello scontro e addossare la colpa all'esecutivo. "Se necessario ci andiamo a picchiare con le forze di polizia, noi non abbiamo paura", ha detto. "Così finiamo sulle pagine dei giornali e poi sono affari del governo dire che picchiano gli operai che lottano per difendere la fabbrica e l’occupazione a Genova". Questa si chiama strategia della tensione e non ha mai portato nulla di buono.
Al primo posto abbiamo una nostra vecchia conoscenza: Francesca Albanese. Già in più di un'occasione la relatrice Onu per la Palestina aveva usato le parole come pietre. E, dopo il brutto assalto alla Stampa, è tornata a farlo. La protesta è sempre la solita: gli antagonisti in Kefiah. Durante lo sciopero, questi violenti sono entrati nella redazione per mandare un messaggio che ci riporta agli anni di Piombo. Ovviamente la condanna è stata bipartisan, anche se a sinistra - ancora una volta - li hanno furbescamente bollati come "fascisti". Non ce la fanno proprio a definirli per quello che sono: comunisti. Ad ogni modo, nel mare magnum delle dichiarazioni, ecco la Albanese dichiarare: "Questo sia anche un monito alla stampa per tornare a fare il proprio lavoro, per riportare i fatti al centro del loro lavoro e, se riuscissero a permetterselo, anche un minimo di analisi e contestualizzazione". Parole che non sono piaciute nemmeno a sinistra. Tanto che qualcuno, non tutti, ha iniziato a scaricarla. Chissà se prima o poi tutti quelli che tanto l'hanno osannata regalandole immotivatamente civiche onorificenze, faranno mea culpa. Difficile dirlo. Intanto consigliamo loro di guardarsi il video pubblicato in esclusiva dal Giornale in cui la Albanese partecipa a un summit con alcuni esponenti di Hamas.

