Qualche scarafaggio si aggira per Wall Street. L’avvertimento lanciato pochi giorni fa da Jamie Dimon, numero uno di JP Morgan, non era affatto privo di fondamenta e ieri se ne sono accorti gli investitori con il materializzarsi di uno scrollone al ribasso dei mercati a causa delle difficoltà di due banche regionali statunitensi, Zions Bancorp e Western Alliance Bank. A due anni di distanza dal fallimento della Silicon Valley Bank, tornano quindi a palesarsi rischi legati alla qualità dei prestiti bancari regionali.
Zions Bancorp ha annunciato una perdita di 50 milioni di dollari su due prestiti commerciali e industriali dalla sua divisione in California, mentre Western Alliance ha rivelato di aver avviato una causa per presunta frode da parte del mutuatario in merito a una linea di credito concessa a Cantor Group V. Dopo il crollo a due cifre di giovedì sera dei due titoli, ieri il settore si è ripreso grazie anche a profitti trimestrali oltre le attese proprio di alcune banche regionali. Nel vortice è finita anche la ben più nota Jefferies Financial Group, con un fondo controllato dalla sua divisione di gestione patrimoniale che ha ben 715 milioni di dollari di crediti vantati dai clienti di First Brands, il fornitore di ricambi auto fallito lo scorso mese. Sempre a settembre a portare i libri in tribunale era stata anche Tricolor, concessionaria di auto usate che si era specializzata nella concessione dei famigerati prestiti subprime, ossia quelli più ad alto rischio concessi a clienti con una storia creditizia molto debole. Tricolor è proprio uno di quegli scarafaggi a cui faceva riferimento Dimon, in quanto ha comportato per JP Morgan una svalutazione di 170 milioni di dollari.
La questione dei crediti in sofferenza appare al momento circoscritta, ma quanto basta per far scattare le sirene d’allarme.
A fine giornata la Borsa di Francoforte ha lasciato sul terreno l’1,7%, mentre Piazza Affari ha contenuto le perdite a -1,4% dopo essere arrivata durante la seduta a cedere oltre 2 punti percentuali per poi recuperare in parte di pari passo con la Borsa di New York grazie anche alle dichiarazioni distensive di Donald Trump in merito alla guerra commerciale Usa-Cina. A Milano giornata difficile per le due big bancarie Unicredit e Intesa Sanpaolo, scese rispettivamente del 2,6% e del 2,2 per cento.
L’avversione al rischio ha inizialmente calamitato ancora una volta gli acquisti verso l’oro, che ha segnato nella giornata di ieri l’ennesimo record portandosi a ridosso dei 4.440 dollari l’oncia prima di ritracciare di oltre 150 dollari.
Lo stato di salute delle banche regionali andrà monitorato attentamente anche se al momento i campanelli di allarme appaiono limitati. «A differenza del 2023, questa volta i rischi sembrano più isolati, ma potrebbero alimentare l'idea che il contesto imprenditoriale e la qualità del credito negli Stati Uniti siano in condizioni peggiori di quanto suggeriscano i dati, forse anche a causa delle distorsioni causate dall’intelligenza artificiale», rimarca Francesco Pesole, strategist di Ing.
Di certo lo scenario di base vede che l’inflazione, l’incertezza tariffaria e i rischi geopolitici continuino a mettere sotto pressione il credito, in particolare i prestiti più rischiosi, ma le banche appaiono ben posizionate per assorbire maggiori perdite sui crediti. «Le perdite risultano basse – asserisce Michael Driscoll di Morningstar DBRS - ma una delle lezioni dei fallimenti delle banche regionali del 2023 è stata che i finanziamenti delle banche possono disfarsi più velocemente che in passato se emergono problemi».