Entra nel vivo anche in Piazza Affari la stagione delle trimestrali che vedrà le big bancarie chiamate a confermare la loro capacità di mantenere alta l'asticella dei profitti nonostante il contesto di tassi in calo. Un test importante per capire se i titoli finanziari hanno ancora fiato per correre dopo essere stati in questo 2025 di gran lunga il maggior contributore della sovraperformance del Ftse Mib. Il saldo positivo da inizio anno dell'indice bancario tricolore è di oltre il 44%, anche se nell'ultimo mese ha in parte tirato i remi in barca in corrispondenza del placarsi degli effetti del risiko sfociato in due grandi aggregazioni: Mps su Mediobanca e Bper su Popolare Sondrio. Sopito, almeno per il momento, l'appeal da consolidamento, non resta che guardare alla solidità dei bilanci per capire se il settore ha ancora in serbo delle sorprese, ad esempio a livello di generosità verso gli azionisti sotto forma di dividendi. «I fondamentali delle banche italiane sono solidi con rendimento da dividendi e valutazioni che rimangano interessanti», rimarca Barclays in un lungo report sul comparto in cui si sottolinea come il rendimento medio da dividendi, atteso al 7,9% quest'anno, pone gli istituti tricolori in prima fila in Europa, con Banca Mps leader con oltre l'11 percento.
Per il trimestre chiuso al 30 settembre i profitti delle cinque big bancarie (Unicredit, Intesa, Bpm, Mps e Bper) sono individuati complessivamente in 6 miliardi circa stando alle stime di Equita, che non esclude qualche ritocco al rialzo delle stime finali, ad esempio da parte di Bpm. Le stesse cinque big del credito avevano già messo in cascina 14,3 miliardi di profitti complessivi nei primi sei mesi dell'anno, con il totale a 9 mesi pronto quindi a sfiorare il muro dei 21 miliardi.
La prima a misurarsi con gli investitori sarà Unicredit, il cui cda si riunirà domani con diffusione dei conti mercoledì mattina, chiamata a rispettare il tabellino di marcia dell'ambizioso target di 10,5 miliardi di utili sull'intero anno. Il consensus degli analisti indica un utile trimestrale di 2,44 miliardi, in lieve calo rispetto ai 2,51 miliardi di un anno fa, mentre a livello patrimoniale il coefficiente Cet1 è atteso scendere al 14,4% per via dell'incremento delle quote in Commerzbank e AlphaBank. Il mercato si attende anche aggiornamenti da Andrea Orcel su ritorni agli azionisti e su eventuali dossier M&A, con il ceo intenzionato a stringere ulteriormente la morsa su Commerz per consolidarsi a un soffio dal 30% del capitale.
Per Intesa Sanpaolo (risultati il 31 ottobre) il consensus indica invece un utile netto trimestrale a 2,43 miliardi. Leggermente più prudenti le attese degli analisti di Banca Akros che indicano un utile in calo del 6% a 2,25 miliardi e ricavi a 6,58 miliardi (-3%) con una buona dinamica dei proventi netti da commissioni (+3%). «Il terzo trimestre dirà quanto reggono i ricavi da interessi in un contesto di tassi in calo e quanto le commissioni e il trading possono bilanciare», rimarca al Giornale Ruben Dalfovo, investment strategist di BG Saxo che vede il mercato molto interessato anche a possibili indicazioni sul fronte dividendi. Non sono attese sorprese sulla guidance per l'intero 2025, già alzata a metà anno a «ben oltre» 9 miliardi. «I messaggi e aggiustamenti più significativi rimarca Barclays - arriveranno probabilmente in occasione della presentazione del business plan il 26 febbraio». Anche per Mps (6 novembre), all'ultima trimestrale su base stand alone senza Mediobanca, il vero catalizzatore sarà il nuovo piano in arrivo nel 2026, con gli analisti di Jefferies che vedono il mercato sottovalutare non poco le sinergie derivanti dall'unione con Piazzetta Cuccia.