Per i boomers cresciuti negli anni Ottanta all'ombra del mito americano, la democrazia è una garanzia data per scontata. Ci siamo nati. Per i più anziani, che hanno contribuito a costruirla, è una conquista irrinunciabile. Ma qualcosa scricchiola e nulla è più così ovvio. Moriremo democratici? Non è detto.
L'Occidente è in regressione, così come lo è il suo modello di governo: inadatto e debole. A dirlo è il sentore registrato dal Censis nel suo 59esimo rapporto sulla società italiana. Un italiano su due è convinto che la spinta del progresso in Occidente si sia esaurita e adesso appartenga a Cina e India. Il 40% ritiene che le controversie tra le grandi potenze si risolvano solo con i conflitti armati. E - dato choc ma sempre più consolidato - il 30% è convinto che le autocrazie siano più adatte alle sfide dei tempi. Le autocrazie: roba da far rivoltare nella tomba De Gasperi e i padri della democrazia, quelli che pensavano di averci regalato libertà e pace duratura. Il modello Usa ha perso il suo appeal per il 74% degli italiani, non rappresenta più né il sogno, né il successo meritocratico. E se dovesse prendere piede l'idea che la minaccia di una guerra sia più forte di un Parlamento, allora la democrazia potrebbe davvero diventare solo qualcosa che i nostri figli studieranno sui libri di storia.
Benvenuti nell'era dei predatori e delle prede, dove vincono la forza e l'aggressività e dove tutto sembra regredire all'età selvaggia. "Ci siamo inoltrati in una nuova età del ferro e del fuoco - è la diagnosi del Censis - e il grande gioco politico cambia le sue regole, privilegiando la sfida e la prevaricazione illimitata". L'analisi del Centro Studi Investimenti Sociali è tanto sottile, quanto da brivido: "Il vitalismo irrazionale soppianta la fiducia ragionevole in un illuminato progressismo liberal". E quando la bussola ridisegna i suoi poli, c'è da aspettarsi di tutto. Soprattutto in questi anni in cui ha dilagato la "personalizzazione del potere".
Altro dato che va a braccetto con la sfiducia nella democrazia: il 72% non crede più ai partiti politici e al Parlamento. Il 63% è convinto che i sia spento ogni sogno collettivo in cui riconoscersi. L'unico leader che ha la fiducia della maggioranza è il super partes Papa Leone. Seguono Sanchez (45%), Merz (33,5%), von der Leyen (33%), Macron (31%), Starmer (29%). E poi: Lula (23%), Trump (16%), Modi (15%), Xi Jinping (14%), Putin (13%), Orban (12,4%), Erdogan (11%), Netanyahu (7%), Khamenei (7%), Kim Jong-un (6%).
Cosa vogliono dire preferenze così ravvicinate tra i leader occidentali e i nuovi dittatori? "Assistiamo a un capovolgimento dei ruoli, anche nel rapporto tra élite e popolo - spiegano gli analisti Censis - Da una parte ci sono i leader europei con i volti sgomenti come pugili suonati dai colpi sferrati da Est e da Ovest. E invece di rassicurare, fanno un ricorso spregiudicato alla menzogna: annunciano la catastrofe, la guerra imminente, la marea dei migranti, la deriva demografica. Dall'altra parte ci sono gli italiani, quelli per cui l'apocalisse può attendere".
Insomma, il metodo Europa ha perso parecchia della sua credibilità. "Senza una dimensione da grande potenza economica, senza una grande solidità finanziaria, tecnologica o politica, senza una capacità diplomatica coesa e di altissimo livello, dobbiamo prendere atto che per l'Unione europea è impossibile assimilare nel presente le grandi tensioni del mercato globale o il tentativo di dominio dei tecnocrati delle transizioni".
La nuova domanda da porsi, per capire la direzione in cui andremo, è se "gli anticorpi in reazione ai rischi dell'epoca modellino una diversa autocoscienza della società e preparino un nuovo schema di pace e sviluppo. O se rimarchino l'invecchiamento (non solo demografico)".