I gatti spia dell'intelligence americana: un triste fallimento

Scritto il 06/12/2025
da Davide Bartoccini

Nel “grande gioco” dello spionaggio ogni creatura, anche un gatto, può diventare un agente segreto: la storia assurda, ma autentica, delle spie naturali della Cia

Di cose strane la Cia ne ha fatte tante, Passando dal discutibile al visionario, al deprecabile. Ha cercato di spiare il nemico in tutti i modi, scavando tunnel sotterranei che attraversavano la Cortina di ferro, fino ad arruolare sensitivi per leggere nella mente dei generali sovietici o somministrare sostanze psichedeliche per scopi assurdi, come il controllo mentale, o la manipolazione della psiche di elementi prescelti. Ma quella dell'Acoustic Kitty rimane una delle operazioni più surreali mai concepite dall'agenzia di spionaggio americana e dal suo Direttorato di Scienza e Tecnologia: addestrare gatti modificati chirurgicamente per spiare i sovietici nel pieno della Guerra Fredda. Il programma - destinato a fallire e restare nel mito come una delle violenze più gratuite che l'Agenzia abbia mai perpetrato, mescolando una pari dose di fiducia nelle cosiddette "spie naturali" all'ingenuità - venne lanciato all'inizio degli anni '60, con quelli che si stimano essere stati nel complesso almeno 20 milioni di dollari investiti per reclutare e modificare un certo numero di gatti-spia da impiegare nelle ambasciate dell'Unione Sovietica che si trovavano nel Blocco Occidentale.

Per rendere operativo il felino, il Direttorato di Scienza e Tecnologia della Cia affidò a un veterinario il compito di impiantare un microfono nel condotto uditivo dei mici selezionati, insieme a un trasmettitore radio impiantato alla base del cranio con un sottile filo di collegamento che si sarebbe mimetizzato nel mantello. Nella teoria degli scienziati dell'intelligence statunitense, il gatto rilasciato nella zona selezionata si sarebbe mosso "indisturbato" tra diplomatici e funzionari sovietici, registrando conversazioni che potevano contenere dettagli top-secret senza destare troppi sospetti. È probabile che a Langley nessuno avesse troppa dimestichezza con il Felis catus, che come diceva Ernest Hemingway "riescono senza fatica a fare ciò che resta negato all’uomo: attraversare la vita senza fare rumore", ma come ricordava Jean-Jacques Rousseau, sono l'antitesi del dispotismo, e sovente non piacciono agli uomini poiché "il gatto è libero e non si adatterà mai a essere schiavo. Non fa nulla su vostro ordine, come fanno altri animali".

Nonostante l'atroce forzatura di impiantare dei sensori all'interno dei felini per spiare il personale diplomatico estero, i gatti della Cia filtravano i segnali acustici a vantaggio di altri rumori che attraevano maggiormente la loro attenzione, facendo in breve quello che preferivano fare e ignorando gli ordini dei loro reclutatori. Il primo "Acoustic Kitty" si rivelò distratto, affamato e letteralmente impossibile da controllare, tanto che si dovette operare un secondo candidato solo per attenuare il suo impulso a cercare cibo durante le missioni. La prima "operazione sul campo" venne effettuata a Washington D.C., quando il gatto-spia venne rilasciato nelle vicinanze dell’ambasciata sovietica per intercettare due uomini nel parco, ma venne investito da un taxi pochi metri dopo. Una storia triste e quasi grottesca che venne smentita solo diversi decenni dopo da Robert Wallace, ex direttore dell’Office of Technical Service.

Secondo la Cia, che declassificò i dossier del progetto solo nel 2001, il progetto fu abbandonato a "causa della difficoltà di addestrare il gatto a comportarsi come richiesto", e che l'attrezzatura fu "rimossa" dal gatto-spia che non venne investito da un taxi, ma fu ricucito per affrontare "una vita lunga e felice" dopo una breve esperienza negli intrighi spionistici della Guerra Fredda. Il fallimento di ulteriori test portò alla chiusura definitiva del programma nel 1967. Il memorandum della chiusura del "Acoustic Kitty Program" affermava che i ricercatori della Cia inizialmente credevano di poter "addestrare i gatti a muoversi per brevi distanze" mentre i "fattori ambientali e di sicurezza nell'uso di questa tecnica in una situazione reale all'estero" li costrinsero a concludere che i gatti non erano gli animali adatti ai loro scopi perché non potevano essere addestrati come degli 007.

L’idea di utilizzare animali come strumenti di intelligence, tuttavia, non finì con quel fallimento. L’Agenzia ha sperimentato svariate spie naturali, cercando di sfruttare animali e simulacri di animali che potessero penetrare luoghi e siti dove nemmeno il migliore degli agenti sottocopertura sarebbe riuscito ad arrivare, senza il rischio di rimanere compromesso.

Cercando ispirazioni sul campo e selezionando le risorse più adeguate a ogni scenario, l'intelligence americano passò dai gatti con dei sensori impiantati a dei pesci gatto robotizzati per svolgere compiti critici nella raccolta di informazioni utili all’intelligence. Dopo aver messo a punto una macchina fotografica appositamente realizzata per essere tanto "piccola e leggera" da essere applicata su un piccione, attraverso un'imbracatura, e inviarlo a raccogliere immagini come un aereo spia capace di volare a bassissima quota, l'Ufficio Ricerca e Sviluppo della Cia si cimentò nella costruzione dei droni catfish. Denominati Charlie e Charlene, i due "pesci gatto", antesignani Unmanned Underwater Vehicle, avevano in tutto e per tutto l’aspetto di grossi pesci gatto e potevano essere condotti in remoto per raccogliere campioni d'acqua a ridosso di siti altamente sorvegliati e consentire agli scienziati di analizzare i campioni per verificare la presenza di sostanze particolari, come ad esempio deflussi nucleari o agenti biochimici nell’acqua.

Strano a dirsi, ma sono stati proprio gli avversari esistenziali dei gatti, i topi, anche se morti, ad essere uno dei sistemi naturali più utili agli agenti segreti americani. Considerati "dispositivi di occultamento perfetti", i topi morti vennero usati come "dead drop", un metodo di passaggio di informazioni o oggetti tra agenti che non prevede un "incontro diretto" quando troppo rischioso, ovviando con il rilascio delle informazioni in luoghi prestabiliti. La Cia pensò che le carcasse dei topi morti - opportunamente sterilizzate, svuotate e trattate con conservanti - potevano essere impiegate per accogliere al loro interno oggetti o microfilm ed essere perfetti delle "consegne clandestine" in Paesi ostili, come l'Unione Sovietica o la Germania Orientale. Repellenti e insospettabili, i "topi morti della Cia" trovarono subito una criticità: i gatti randagi che li portavano via per istinto naturale.

La Cia pensò di cospargere le carcasse con salsa piccante, poi con pepe di Cayenna, ma i topi e le loro informazioni continuavano a sparire durante i test, fino a quando non vennero cosparsi di olio di assenzio: un odore insopportabile per i felini che iniziarono a lasciare indisturbati questi macabri e insospettabili depositi clandestini. La storia delle spie animali della Cia racconta un lato poco celebre e abbastanza singolare dell’intelligence americana, e ci ricorda come, per quanto ci si sforzi, la natura non sempre si lascia arruolare dall'uomo. Anche quando a provarci è una delle più efficienti e sofisticate agenzie di spionaggio del mondo.